lunedì 14 maggio 2007

Costi della politica

Costi della politica (da La Repubblica.it) Allora ministro Santagata, è arrivato il momento di cominciare a tagliare i costi della politica? Anche per voi deputati, e per voi ministri, è l'ora dei tagli? "A dire la verità noi abbiamo già cominciato. Ma l'unica che se n'è accorta è mia moglie". In che senso? "Nel senso che ha visto con i suoi occhi il taglio netto che ha avuto il mio compenso da ministro: 18 mila euro l'anno in meno. La mia indennità di ministro è scesa a 2500 euro". Poi ci sarebbe l'indennità parlamentare, visto che lei è anche deputato. "E sono altri 12 mila euro". Fanno 14.500 euro. In Francia il presidente della Repubblica ha un assegno mensile di 6700 euro... "Chiariamo subito un punto. Il governo non ha alcun titolo per intervenire sulle spese degli altri organi costituzionali. Se lo facessimo, invaderemmo la loro sfera di competenza". Quindi non è su questo fronte che pensate di ridurre i costi della politica? "Ripeto: non abbiamo titolo per farlo. Se vuole però posso dirle la mia opinione. Io penso che l'indennità parlamentare non sia troppo alta, ma troppo bassa". Prego? "Parlo dell'indennità vera e propria, che è di 4750 euro. Quello che non va bene, secondo me, è tutto il resto, quelle prebende varie che permettono di arrivare a 12 mila euro. Io non dico "tagliamole". Però penso che sarebbe ora di renderle trasparenti e razionali. Abolendo le forfettizzazioni e rimborsando ai parlamentari, entro un certo tetto, le spese effettivamente sostenute per l'attività di collegio, gli assistenti, l'affitto dell'ufficio eccetera. Rimborsi trasparenti a piè di lista, a fronte di ricevute e fatture". E sulle pensioni d'oro dei parlamentari, cosa pensa che andrebbe fatto? "Io introdurrei il contributivo anche per noi parlamentari. La Camera versa i contributi all'istituto di previdenza del deputato. Se lui non ne ha uno, li versa a un'assicurazione. Così si chiude il capitolo dei vitalizi agli ex parlamentari". Ottimo: pensate di proporlo subito? "Allora non mi sono spiegato. Questa è la mia opinione personale, di parlamentare. Come ministro non ho titolo per intervenire". Eppure il settimo punto del dodecalogo prodiano era proprio il taglio dei costi della politica. "E infatti noi stiamo lavorando su questo fronte. Capisco che gli stipendi dei parlamentari siano una cosa che colpisce l'opinione pubblica, ma questa è solo la punta dell'iceberg". E di che cosa è fatto, l'iceberg? "Di uno spaventoso aumento dei numeri del personale politico. Non si riesce più a tenerne il conto". Da dove cominciamo? "Prendiamo le comunità montane. Non nego che abbiano un ruolo. Ma quando leggo che ne fanno parte 4201 comuni, su un totale di 8101, mi risulta difficile pensare che il 51,8 per cento dei comuni italiani sia in montagna. Bisogna ridurne il numero, fissando per esempio un'altitudine minima. Magari dando di più, ma a chi ne ha davvero bisogno". E uno. Capitolo due? "Le circoscrizioni. Un prezioso strumento di partecipazione democratica, non discuto. Ma dubito che un comune di 50 mila abitanti abbia bisogno delle circoscrizioni, come invece accade. Facciamo che restano solo quelle nelle città sopra i 250 mila abitanti". Mi pare saggio. Terzo capitolo. "Le società controllate dagli enti locali. Sa quante sono? Settemilacinquecentotrentacinque. E ognuna ha il suo presidente, i suoi consiglieri, i suoi amministratori, il suo personale. Ci sono comuni che ne hanno 30, dalla promozione del turismo alla gestione delle aree. Non parlo delle municipalizzate che gestiscono i trasporti o i rifiuti, ma di tutto il resto". Che sarebbe? "Un mare magnum. Le faccio un solo esempio: le authority sui trasporti. Sarebbe una competenza delle province, basterebbe un assessorato ai trasporti. E invece si crea un'authority, con il suo presidente, i suoi consiglieri, le sue auto blu, il suo organico. Ma è un doppione. O si aboliscono i doppioni, o si aboliscono le province, che a questo punto non si capisce cosa ci stiano a fare". Ecco, e se lo abolissimo davvero, un ente barzotto come le Province? "Risparmieremmo un fracco di soldi, ma mi pare che la tendenza sia nella direzione opposta. E siccome io sono un riformista e non un rivoluzionario, lavoro affinché le Province si riprendano i compiti dei quali si sono spogliate". Rimangono le società comunali. Sono il frutto delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, o no? "Benissimo, ma allora non si capisce perché debbano essere al 100 per cento a capitale pubblico. A me viene il dubbio che siano solo delle scatole che servono a generare posizioni di potere. Stabiliamo che debbano essere obbligatoriamente a capitale misto, pubblico e privato, e vediamo quante sopravvivono". Ma le Regioni, le Province e i Comuni possono dirle: scusi, ma sono affari nostri, non volevate il decentramento, non parlavate di federalismo? "Questo è il problema. Dobbiamo trovare lo spazio politico per spingere gli enti locali a cambiare rotta. C'è un gruppo di lavoro tecnico-giuridico, a Palazzo Chigi, che sta lavorando proprio su questo". Mi dica qualcosa di concreto che avete già fatto, per tagliare i costi della politica. "Intanto abbiamo fatto un po' di pulizia in casa nostra. Quando siamo arrivati abbiamo trovato 600 comitati ministeriali. Ogni governo ne creava di nuovi, ma non chiudeva mai quelli vecchi. Noi li abbiamo ridotti a 345. Stabilendo la regola che durano al massimo tre anni. E' un risparmio di 20 milioni di euro". E cos'altro avete in cantiere, visto che non potete fare i conti in tasca agli onorevoli? "Tante cose, dalla riduzione del numero degli assessori all'abolizione dell'indennità di missione per gli amministratori locali. Le metteremo nel Dpef, e finiranno nella Finanziaria. Sempre che non decidiamo di accorparle in un disegno di legge sui costi della politica". Quello che avevate inserito nell'ultima Finanziaria è stato cancellato all'ultimo momento dai partiti. Cosa la spinge a essere ottimista sul prossimo round? "Il fatto che non metteremo in campo delle misure sparse, ma un progetto serio, magari partendo da un libro bianco. Il governo farà la sua parte, mettendo la questione sul tavolo. Poi toccherà ai partiti, prendersi le loro responsabilità e decidere se vogliono rischiare di essere travolti dall'ondata di anti-politica o se cogliere questa occasione per fare un'operazione di buona politica". (10 maggio 2007)

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