mercoledì 31 ottobre 2007

Intervista ad Epifani

Bella e condivisibile intervista ad Epifani sulla Stampa e sull’Unità che riporto integralmente: “Epifani: «Meno fisco in busta paga» Il leader della Cgil: piano in 5 anni per aumentare i salari, tagliare 100 euro di tasse al mese ROMA Si apre «la fase due dell'azione sindacale». Dopo l'accordo sul welfare e «senza abbandonare l'iniziativa contro la precarietà», è arrivato il momento di mettere al centro della discussione «la questione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti», chiedendo al governo di «alleggerire il prelievo fiscale sui salari e sulle pensioni di un punto di Pil», cioè 15 miliardi di euro. In pratica, si tratta di «circa 100 euro di tasse in meno al mese» per ogni lavoratore dipendente. «La nostra — dice il leader della Cgil, Guglielmo Epifani — non è una scelta tattica, legata alla Finanziaria, ma un piano di medio periodo». Ce lo spieghi. «Si tratta di aumentare gradualmente, nell'arco di 5 anni, la detrazione sul lavoro dipendente. Per un valore che complessivamente non può essere inferiore a un punto del prodotto interno lordo. Avere questo orizzonte di medio periodo è importante, perché ci fa uscire dalle secche della solita discussione che ogni anno facciamo a ridosso della Finanziaria per redistribuire 1 o 2 miliardi, che alla fine non se ne accorge nessuno. Così, invece, potremmo fare un'operazione che ha un senso». E come pensa che il governo dovrebbe sostituire 15 miliardi di minori entrate? «Con i proventi della lotta all'evasione e all'elusione, col riordino della tassazione sulle rendite finanziarie e con il taglio degli sprechi che ci sono nella spesa pubblica». Per lanciare questa campagna per un fisco più leggero lei era d'accordo con i leader di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, di fare una manifestazione nazionale il 24 novembre. Poi avete cambiato idea decidendo di fare l'assemblea dei delegati. Paura di dare la spallata al governo Prodi, visto che il 17 c'è già in programma la manifestazione di Forza Italia sul fisco? «No. Abbiamo deciso per l'assemblea dei delegati il 24 novembre perché vogliamo mettere a punto una piattaforma completa, che poi verrà discussa nei luoghi di lavoro e infine sarà oggetto di iniziative di lotta. Nella piattaforma ci saranno anche altri due punti: un piano per l'edilizia che, coinvolgendo risorse pubbliche e private, aumenti l'offerta di case in affitto, e la redistribuzione della produttività, attraverso il rinnovo rapido dei contratti di lavoro». Segretario, non ci crede nessuno che la preoccupazione per il governo Prodi non abbia pesato nella vostra decisione di cancellare la manifestazione. «La manifestazione non è cancellata. Cominciamo un confronto col governo che non si esaurirà in poche battute. Nella decisione ha pesato piuttosto la volontà di non sovraccaricare le strutture sindacali già impegnate in numerose vertenze contrattuali, che già comportano scioperi e manifestazioni». È un fatto però che lei dice continuamente che il governo Prodi non deve cadere. «Sì, ma lo faccio perché con questo governo abbiamo concluso un accordo sul welfare che deve essere tradotto in legge entro il 31 dicembre e perché nella Finanziaria devono essere messe le risorse per il rinnovo del contratto di tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici. Se il governo dovesse cadere domani, tutto questo andrebbe perso. Mi preoccupa molto questa situazione di sfilacciamento, questa maionese impazzita». Ma se è così, quanto può andare avanti questo governo? «Non lo so. Intanto portiamo a casa la riforma del welfare e il rinnovo dei contratti pubblici. Poi, a gennaio, si potrà fare il punto». Torniamo ai salari. In Italia sono nettamente più bassi che in Francia, Germania e Regno Unito, dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. E anche il presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, è d'accordo. Ma allora il sindacato non ha saputo difendere i lavoratori. «No. Siamo in una fase storica, questa della globalizzazione senza regole, dove i rapporti di forza giocano a sfavore del sindacato. Ovunque, negli ultimi decenni, la quota di reddito del lavoro dipendente si è ridotta, ma da noi di più, in particolare a svantaggio dei giovani, delle donne, degli immigrati, del Mezzogiorno». Scusi, ma sono molti anni che gli esperti dicono che la politica di moderazione salariale sancita dalle regole di contrattazione del '93 andrebbe sostituita con un nuovo modello capace di legare i salari alla produttività aziendale. Però la Cgil è stata sempre contraria. «Perché quella proposta non mirava ad aumentare le retribuzioni, ma a mutare il peso dei livelli contrattuali a svantaggio del contratto nazionale. Noi invece vogliamo difenderlo e rafforzare la contrattazione aziendale. Comunque, a proposito di come si aumentano i salari, vorrei anche osservare che sono dieci anni che la Cgil chiede ai vari governi di restituire il drenaggio fiscale sulle buste paga, cioè le maggiori imposte che si pagano a causa dell'inflazione. Ma questo non è stato mai fatto, col risultato che oggi il taglio del prelievo fiscale sui lavoratori dipendenti è diventato centrale». Ma come, anche la Cgil adesso fa sue le parole degli economisti liberali e del centrodestra, che da anni mettono al centro il taglio delle tasse? Di solito la sinistra ha venerato il Fisco. Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa- Schioppa, ha detto che le tasse sono bellissime. «La Cgil continua a pensare che non c'è cittadinanza e non ci sono servizi pubblici senza le tasse. Semmai bisogna migliorare la qualità dei servizi. Ma il peso del fisco sui salari è ormai eccessivo. Faccio un esempio, seguendo quanto questo stesso governo ha deciso. I lavoratori autonomi fino a 30 mila euro di reddito pagheranno un'imposta forfettaria del 20%. I salari stanno sotto questa cifra eppure subiscono un prelievo del 27%. Per non parlare del taglio del cuneo fiscale di cui già beneficiano le imprese e del fatto che il prelievo sulle rendite finanziarie resta del 12,5%». Non mi ha ancora detto se la Cgil è finalmente disposta ad aprire una trattativa con la Confindustria sulla riforma del modello contrattuale. «Credo che con la Confindustria si debba stabilire il perimetro della discussione e poi aprire la trattativa. Non sottovaluterei, per esempio, il tema della semplificazione. Oggi ci sono circa 800 contratti nazionali. Bisogna ridurli di molto». Con la nascita del Pd, la Cgil sembra non avere più un partito di riferimento, come accadeva con i Ds e prima ancora con il Pds e il Pci. E lei continua a rimanere alla finestra, per la prima volta senza una tessera di partito. «Ognuno sarà libero di fare le sue scelte individuali, come sempre. Quanto alla Cgil, dovrà essere sempre di più un sindacato autonomo e di programma, come a partire dai primi anni Novanta lo abbiamo impostato grazie all'impulso di Bruno Trentin. E i partiti della sinistra dovrebbero essere rispettosi dell'autonomia delle forze sociali. Credo che questo sia nelle corde di Walter Veltroni, mentre devo dire che, ultimamente, ho visto riemergere nella sinistra radicale il tentativo di invadere il campo». Un pezzo della sinistra radicale lei ce l'ha in casa. A partire dalla Fiom. «Con la Fiom faremo una discussione seria — non un processo, come alcuni dicono sbagliando— perché temo una deriva che separi la Fiom dalla Cgil e viceversa e credo che questo vada evitato». Con il Partito democratico, le tradizioni politiche che hanno le loro radici nella Dc e nel Pci si sono fuse. Hanno ancora senso tre sindacati: Cgil, Cisl e Uil? «Le dinamiche delle forze sociali non sono immediatamente riconducibili a quelle della politica. Oggi direi che ci sono ragioni sindacali per rafforzare l'unità tra Cgil, Cisl e Uil, partendo dalle cose. Abbiamo firmato insieme il protocollo sul welfare, insieme abbiamo vinto il referendum, insieme lottiamo per il rinnovo dei contratti e sul fisco. Rafforzare l'unità sarebbe anche un modo per rispondere alle difficoltà del sistema politico istituzionale e al populismo dilagante». Enrico Marro 31 ottobre 2007”

martedì 2 ottobre 2007

modifiche alle norme sulle dimissioni volontarie

Lavoro: modifiche alle norme sulle dimissioni volontarie L'Aula del Senato, nella seduta del 25 settembre scorso, ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante "Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice, del lavoratore, nonché del prestatore d'opera e della prestatrice d'opera". Obiettivo del provvedimento è quello di eliminare la prassi, purtroppo non infrequente, delle false dimissioni, cioè delle dimissioni in bianco fatte sottoscrivere al lavoratore o alla lavoratrice nel momento dell'assunzione. La legge introduce l'obbligo di consegnare le dimissioni su appositi moduli predisposti e resi disponibili gratuitamente dalle direzioni provinciali del lavoro e dagli uffici comunali, nonché dai centri per l'impiego. I moduli, che avranno una validità di 15 giorni, riportano un codice alfanumerico progressivo di identificazione, la data di emissione, nonché spazi, da compilare a cura del firmatario, destinati all'identificazione della lavoratrice o del lavoratore del datore di lavoro, della tipologia di contratto da cui si intende recedere, della data della sua stipulazione e di ogni altro elemento utile.

Due articoli un po’ in contraddizione sulla sanità italiana

Due articoli un po’ in contraddizione sulla sanità italiana: [ Classifiche sanitarie poco chiare. Il Servizio sanitario italiano si è classificato al 18esimo posto dell'Euro Health Consumer Index (EHCI), la classifica annuale dei servizi sanitari nazionali europei considerati sotto cinque aspetti fondamentali per i consumatori: i diritti e l'informazione dei pazienti, i tempi di attesa per le prestazioni, i risultati delle terapie, la generosità del sistema e l'accesso ai farmaci. La nostra sanità, dunque, appare poco a misura di consumatore, secondo l'indagine condotta dalla Health Consumer Powerhouse, un'organizzazione di analisi e informazione specializzata con sede a Bruxelles. E nella sua mediocre prestazione l'Italia è in compagnia di Repubblica Ceca, Regno Unito, Malta, Spagna e Slovenia. La vincitrice di quest'anno è stata invece l'Austria con 806 punti, seguita da Paesi Bassi (vincitore nel 2005), Francia (vincitore nel 2006), Svizzera, Germania e Svezia. Su cinque categorie composte da 27 indicatori, l"Italia ha ottenuto 80 punti su un potenziale di mille. "L'accesso diretto alle cure specialistiche - ha commentato Arne Bjoernberg, Research Director dell'EHCI - potrebbe portare a una decisa riduzione dei lunghi tempi di attesa. Ma il sistema sanitario italiano appare dominato da baroni in camice bianco". Cosa servirebbe dunque per rendere la nostra sanità meno invisa ai consumatori? "L'Italia - afferma Johan Hjertqvist, presidente di Health Consumer Powerhouse - dispone attualmente di servizi di informazione sanitaria piuttosto buoni, trasparenti e accessibili. Peccato che i cittadini non ne sono bene informati: un po' più di marketing non guasterebbe". Francamente, tutta la motivazione appare poco comprensibile. D'altra parte se anche il Servizio sanitario britannico esce male da questa indagine, forse la compagnia non è delle peggiori... Prodi: stop luoghi comuni. Premier: risultati molto elevati, italiani piu' assistiti (ANSA) - Superare i luoghi comuni sulla sanita' italiana, un sistema che garantisce "risultati piu' elevati" rispetto ad altri Paesi: cosi' Prodi. Il premier, in una conferenza stampa con il ministro della Salute Turco, sottolinea che la sanita' italiana e' tra le meno costose in Ue, prevede equilibrio pubblico-privato e i cittadini sono i piu' assistiti, con una spesa inferiore alla media. Per Prodi non e' giusto parlare di "malasanita'"quando c'e' un errore sui milioni di interventi effettuati. ] Delle due l’una? No purtroppo o per fortuna un po’ dell’uno e dell’altro. Certamente la sanità italiana è di buon livello ma che dire delle interminabili liste di attesa soprattutto per le prestazioni specialistiche che quasi sempre costringono il cittadino a pagare una costosa prestazione privata? E che dire della prevenzione soprattutto per l’infanzia (odontoiatrica, oculistica, spichiatrica per fare qualche esempio) ? O che dire dei medici italiani che quando sono onesti medici del SSN, e sono tanti ma non tutti, o sono giovani medici delle strutture private (quelli più “grandi universitari e/o del SSN” guadagnano invece molto) guadagnano stipendi da fame tra i più bassi in Europa e quando sono “un po’ meno onesti” guadagnano molto più degli altri colleghi europei?

lunedì 1 ottobre 2007

Cessione del quinto: arriva la convenzione Inps salva-pensionati

Cessione del quinto: arriva la convenzione Inps salva-pensionati Dal sito http://www.soldiblog.it/ Riceve approvazione definitiva dall’Inps la convenzione quadro prevista dall’articolo 8 del DM 27 dicembre 2006, n. 313, che scende in campo a tutela dei pensionati pesantemente indebitati con la cessione del quinto. Una pratica largamente diffusa quello della cessione fino ad un quinto dello stipendio per il finanziamento di spese particolarmente diffuse, in un periodo in cui il credito al consumo è in deciso aumento. Secondo il documento divulgato dall’istituto previdenziale il 26 settembre scorso (messaggio n. 23288) infatti le banche e gli intermediari finanziari che aderiranno alla convenzione non potranno applicare tassi superiori all’8,45% per i prestiti inferiori ai 5 mila Euro e al 7,55% per finanziamenti superiori a detto importo. Tale tipologia di prestito potrà essere applicata a tutte le pensioni, fatta eccezione quelle sociali, le invalidità civili, gli assegni per l’assistenza agli inabili, gi assegni di sostegno al reddito, quelli al nucleo famigliare e le pensioni del personale bancario. Prevista dalla convenzione anche una maggiore trasparenza sulle modalità di finanziamento. Il prospetto informativo presentato dalle banche ai clienti dovrà contenere in maniera analitica le diverse componenti di costo tra cui le spese di istruttoria, quelle di estinzione anticipata, il tasso di interesse applicato, il premio assicurativo e il Teg complessivo. Le trattenyte Inps verranno applicate alle pensioni a partire dal 3° mese dalla notifica di contratto dell’istituto di credito. Come funziona la cessione? Il pensionato interessato a richiedere tale tipologia di prestito deve farne domanda alla Banca o all’Intermediario Finanziario e l’Inps gestirà il pagamento delle rate trattenendo dalla pensione un importo pari al massimo ad un quinto della pensione. Il pensionato deve inoltre fare domanda all’Inps di comunicazione di cedibilità, che indica l’importo massimo della rata del prestito pagabile con la pensione. Detta Comunicazione, infatti, è indispensabile e deve essere esibita alla Banca o alla Finanziaria per stipulare il contratto di prestito. Come si calcola la rata “a misura di pensione” L’importo massimo da versare per l’estinzione del prestito è un quinto della pensione ed è determinato al netto delle tasse e in modo da non intaccare l’importo della pensione minima (436,14 euro nel 2007). Esempi di calcolo della quota cedibile Caso 1 pensione lorda 476,30- ritenute fiscali 0.00 pensione netta = 476,30 - pensione min. 436,14 quota cedibile* = 40,16 *con salvaguardia della pensione minima, inferiore in questo caso all’importo del quinto = 95,26 euro Caso 2 pensione lorda 1.200,00- ritenute fiscali 300.00 pensione netta = 900,00 - 1/5 del netto 180,00 quota cedibile* = 180,00 *con salvaguardia della pensione minima (436,14 euro) Nel caso si sia titolari di più pensioni, il calcolo si effettua sull’importo totale delle pensioni percepite. Dall’Inps un aiuto per la salvaguardia dei propri interessi L’Inps, dopo aver ricevuto il contratto di prestito dalla Banca o dalla Finanziaria, conduce alcune verifiche per tutelare il pensionato. In particolare l’Istituto controlla i requisiti della Banca, il tasso effettivo globale (TEG, che deve essere inferiore al “tasso soglia” anti-usura), l’importo della rata, le spese indicate nel contratto (istruttoria, estinzione anticipata, premio assicurativo per premorienza, tasso di interesse e TEG complessivo). L’Istituto, inoltre, proporrà a Banche e Finanziarie la sottoscrizione della Convenzione presentata il 17 luglio, con cui si impegnano a rispettare i tassi più favorevoli indicati dall’Inps e metterà a disposizione dei pensionati un elenco completo degli istituto che hanno aderito alla convenzione.